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Il cibo dei monaci

 

Il tema del cibo ricorre costantemente e risulta di fondamentale importanza. In una società che diventava sempre più mangiatrice di carne, il monaco, per contrasto, si privava della carne. La carne è il primo alimento che deve essere bandito dalle mense e sostituita da pesce, legumi, uova e formaggi. La base del mangiare quotidiano, almeno secondo la tradizione benedettina, è data da zuppe di cereali, legumi e ortaggi, accompagnati da uova e formaggi. Nella Regola benedettina anche il contegno a tavola è oggetto di prescrizioni assai precise. Tutti i monaci devono servirsi reciprocamente, e durante le mense non deve mai mancare la lettura della parola divina, ascoltata in assoluto silenzio.

Giornata alimentare del monaco

Il pranzo, che coincide con il mezzogiorno, prevede due piatti caldi: il potagium di legumi e la minestra di verdura, e un terzo piatto, il generale o la pietanza, che porta in tavola uova, formaggi, verdure.

La cena, piuttosto frugale, si basa su ciò che resta del pranzo insieme ad un po’ di frutta di stagione. Il vino e il pane bianco non mancano mai. Nel periodo estivo i pasti sono due, poiché aumentano le ore di veglia e di lavoro.Vi sono però alcuni giorni, il mercoledì e il venerdì, in cui i monaci mangiano una volta sola al giorno.Nei giorni di festa, la carne, soprattutto di maiale, è presente nei pasti dei monaci cucinata in maniera differente. Compare anche nelle dispense, conservata sotto sale, essiccata o insaccata.Il digiuno si estendeva durante la Quaresima, la seconda metà di settembre e l’Avvento. In altri periodi dell’anno come Natale, Pasqua e la Pentecoste i monaci ricevevano un maggior numero di piatti.

A causa delle temperature fredde, nei monasteri del Nord si cominciò ad inserire sempre più nell’alimentazione il grasso di maiale, così i monaci inglesi presero l’abitudine di mangiare lardo ogni domenica, mentre quelli tedeschi iniziarono ad usare lo strutto insaporito con aneto ed erbe aromatiche. A Cluny la domenica, tranne nei periodi penitenziali, si preparava un piatto speciale a base di carne ridotta in piccolissimi pezzi e insaporita con spezie e zafferano.

I benedettini sono conosciuti come validi produttori di vino nonché appassionati e raffinati consumatori. Erano anche ottimi preparatori di birra. Nel Medioevo ne ottimizzarono la qualità introducendo l’utilizzo del luppolo come aromatizzante.

 

L'hortus e  i misteri delle erbe

Nei monasteri benedettini i monaci dedicavano particolare attenzione alla oltivazione di erbe e piante medicinali e aromatiche, finalizzata al trattamento fitoterapico di malattie e alla produzione di distillati e bevande.

Così un’area all’interno delle mura del monastero era deputata alla coltivazione delle erbe medicinali, il cosiddetto “orto dei semplici”, spesso posto nei pressi dell’infermeria.

Le erbe coltivate, una volta raccolte, erano disponibili all’occorrenza per la preparazione di tinture, tisane, unguenti per la cura dei malati oppure per la preparazione di bevande e liquori a scopo terapeutico e degustativo.

Per la conservazione, oltre che con l’essicazione, i monaci conservavano i “semplici” con la preparazione di sciroppi e macerazioni nell’alcol.

L'Hortus Conclusus, cioè il giardino o orto recintato era posto all'interno di conventi o monasteri dove le mura tenevano lontani gli animali selvatici e gli sguardi indiscreti. La forma dell'Hortus riproponeva uno schema ben preciso e ripetuto: il muro, protezione dal peccato; la croce che forma i sentieri e la suddivisione in 4 quadrati; un pozzo centrale di acqua e una fontana come "fonte di vita" che soddisfa anche usi pratici; la presenza di alberi e piante con un significato simbolico: il rosaio che rappresenta la Madonna, l'ulivo e il cedro (se il clima lo rendeva possibile); un chiostro (porticato) come luogo di meditazione.Le zone dell'Hortus erano ben differenziate, il numero dei quadrati recintati doveva essere multiplo di 3, il numero della Trinità. L'intero giardino doveva rappresentare l'Eden perso ed esaltare la perfezione della Vergine.Alberi da frutto come meli, peri, pruni, ciliegi disposti a formare una Croce delimitavano la zona cimiteriale. L'Hortus Conclusus diventò un vero e proprio Orto Botanico con erbe semplici sempre presenti: aquilegia, fragolina di bosco, aglio, timo, melissa, bardana, issopo, consolida, salvia, ecc. Tante furono le monache reclutate a raccogliere le erbe nei boschi vicini. Scambi di erbe medicinali venivano fatti anche tra monasteri.

 

Dal convento novità in cucina

Dopo il Mille il momento del pasto e il regime alimentare si modificano: la semplicità delle origini è superata, per lasciare spazio all'abbondanza e alla varietà dei cibi. Le cucine, sempre più spaziose e le dispense cariche di prodotti pregiati, divengono luogo di prosperità, di piacere.

In una società di pellegrini e viandanti, anche l’ospitalità, propria di alcuni ordini religiosi, ebbe un importante ruolo sociale.

In generale il movimento monastico favorì la diffusione di importanti alimenti come il grano, le olive, la vite e promosse la cultura del pesce e delle vivande alternative alla carne. I monaci variarono le ricette culinarie ed inventarono nuovi modi di cucinare.

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